Realizzare l’idea del politico: sei consigli sui progetti tecnologici

Cesare Brizio
RedTurtle’s blog
Published in
6 min readMay 26, 2017

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Parlando di progetti IT, per i decisori di livello medio-alto (di solito, politici) la prima sfida è il dialogo con fornitori abituati a rapportarsi soltanto col responsabile IT dell’Ente, che finisce per giocare il ruolo di mediatore culturale: l’opportunità di capirsi può svanire in una nuvola di dettagli inutili, se non si trova la giusta prospettiva su cui innestare il dialogo.

Al tavolo di discussione, il politico giocherà il proprio ruolo offrendo al fornitore l’opportunità per realizzare, assieme a chi è stato eletto, quello che i Cittadini hanno chiesto. E pretenderà un dialogo giocato sul piano della capacità di visione, senza scivolate nei tecnicismi.

Soprattutto, il fornitore deve capire che la “buyer persona” non è chi siede al tavolo, ma sono i “suoi” buyers, Cittadini e personale di back-office dell’Ente. Per portare il dialogo sopra e oltre i dettagli, il politico e il responsabile IT che media il dialogo debbono per prima cosa sgombrare il tavolo dalla lista delle “feature” del software, e chiedere una progettazione per obiettivi e per metriche. Poi, lasciarsi guidare dal fornitore in un percorso sui sentieri del service design.

Perché il fornitore risponda sui fatti fondamentali, e non sui dettagli, bisogna fargli vedere dall’alto le promesse da mantenere, gli obiettivi politici / sociali dietro la fornitura, le metriche di controllo per ciascun obiettivo.

1) “Giochiamo a capirci…”

La distinzione tra politici e tecnici è approssimativa (ci sono Sindaci molto esperti d’informatica…), ma c’è un contesto in cui è sempre valida: quando si deve spiegare cosa c’è da fare, come sarà fatto, e perché sarà fatto, il fornitore e il responsabile IT debbono aver ben chiaro da che lato della sottile linea rossa sta l’interlocutore.

Saranno l’Assessore, il Sindaco, il Funzionario con una delega forte a decidere se mettere in campo il gergo ICT: nel gioco delle parti, l’accoppiata fornitore/responsabile IT dovrà mostrarsi all’altezza del tenore di dialogo scelto, e il politico agevolerà il processo iniziando a parlare di obiettivi, instradando il dialogo lungo i passi qui proposti.

2) “Non guardarmi il dito!”

La visione in gioco non è quella tecnica. Cosa conta per gli eletti, e in generale per i “public servant” che hanno la mano del livello politico sulla spalla? La luna, non il dito. Gli obiettivi, i risultati. Perché sarà pur vero che sarà l’Assessore a firmare una delibera, ma lo fa da intermediario: chi compera, è chi lo ha eletto, è chi lo valuta.

Il dominio del politico è il “cosa”, quello del tecnico è il “come”. Per ricevere il “cosa” da trasformare in “come”, il responsabile IT dovrà curarsi che gli interlocutori facciano “pacing”: il fornitore adatterà la natura della sua attenzione, del suo ascolto, al registro comunicativo e al livello di astrazione dell’interlocutore politico che, da parte sua, dovrà evitare di farsi trascinare nella discussione di dettagli non pertinenti.

3) “Come faccio a saperlo?”

Se vuoi ottenerlo, devi descriverlo. Se puoi descriverlo, puoi misurarlo. Se puoi misurarlo, puoi controllarlo.” — troppo semplice per essere sempre vero! Ma una cosa è certa: parlando di risultati, raggiungere e misurare sono quasi sinonimi. Cosa deve spiegare il politico al tecnico, in modo più o meno diretto? “Ho promesso queste cose, a queste persone.”

Il fornitore ha diritto a tutto il tempo necessario per elaborare queste informazioni: deve ascoltare per capire, non per rispondere. E come dimostra di aver capito? Mettendo sul tavolo una metrica adatta a misurare il raggiungimento iniziale, e poi a monitorare nel tempo, il risultato che il livello politico, direttamente o indirettamente, gli ha affidato.

4) “Abbiamo ospiti…”

Il politico è per definizione un portatore di istanze esplicite, e implicite. Escludendo scenari Nordcoreani, i suoi obiettivi rappresentano interessi collettivi e condivisi, e quindi assecondano le aspettative di una molteplicità di soggetti — anche interni all’organizzazione. Per quanto circoscritto sia l’obiettivo, la sua realizzazione coinvolge comunque tutto l’Ente, attraversa molti livelli, molte unità organizzative, e per ciascuna di queste entità molti vincoli e tante specificità che sarebbe ingenuo, se non stupido, ignorare solo perché non sono dichiarate apertamente.

E questo il politico lo sa benissimo: se chiede una pagina di e-participation per un referendum urbanistico, ci saranno da coinvolgere e coordinare per l’occasione redattori, tecnici e, se l’ente è abbastanza grande, i comunicatori di ruolo. Ecco che il politico, senza bisogno di chiederglielo, allestisce per il fornitore un teatro ideale di operazioni: il tavolo degli stakeholder (che può anche comprendere rappresentanti dei Cittadini).

Come aiutare il fornitore a mostrarsi all’altezza di questo “regalo”? Consentendogli, anzi, chiedendogli di mettere in gioco competenze nell’ambito del service design: così, l’Ente rende a sé stesso un servizio prezioso, eliminando a monte qualsiasi problema di accettazione di quanto sarà fornito. Perché? Perché quel che si è deciso, lo si è deciso assieme, all’istante zero.

5) “Siamo tutti d’accordo, eh?”

Il tavolo allargato fornisce tanto all’intermediario politico, quanto al fornitore, tante definizioni a prova di realtà: quali processi alimenteranno la soluzione fornita; quali sono i canali di lettura e quali i sono i valori misurabili relativi a tali processi.

E’ questa la vera definizione di “consenso” — il consenso su come misurare il raggiungimento del risultato: una conciliazione di criteri di valutazione, fatta ancor prima di partire, è la sola strada per evitare che, a cose fatte (e capita, lo sappiamo tutti…) ci siano valutazioni radicalmente diverse sulla qualità della fornitura

Risolto l’aspetto tecnico, il prodotto (o il servizio) sarà accompagnato da metriche puntuali, credibili, cost effective. Meglio alcune metriche con livello di risoluzione medio, che poche metriche potenzialmente risolutive, ma di sostenibilità incerta nel tempo.

6) “Di chi è il cruscotto?”

Le metriche sono un elemento chiave per tradurre in risultati misurabili gli outcome attesi dai politici, e quindi dai soggetti che rappresentano. Almeno in linea di principio, i relativi dati sono dei soggetti a cui il servizio è diretto, anche se su questo tema ci sono due scuole di pensiero, riducibili al poco trasparente “Il cruscotto è della Giunta” / “del CdA” e al rischio (si spera calcolato!) di “Il cruscotto è dei Cittadini” / “degli Utenti”.

Che i gestori dell’Ente vogliano monitorare la situazione nel segreto del loro ufficio, o che vogliano offrire agli utenti finali un portalino Open Data di monitoraggio della qualità del servizio progettato per loro, serve comunque un posto dove guardare, un qualche sinottico o report esauriente, perché non potrai mai essere certo di avere ottenuto ciò che non puoi misurare.

Riepilogando…

Per far dialogare politici e tecnici, bisogna astrarsi dal piano tecnologico. Per astrarsi dal piano tecnologico, bisogna progettare per obiettivi. Progettare per obiettivi significa progettare per metriche. Se le metriche sono di pubblico accesso (uno dei veri valori degli Open Data nel settore PA!) tutti potranno toccare con mano che si è progettato pensando a loro, e concorrere al miglioramento del servizio.

La progettazione per metriche è la superficie di contatto tra la progettazione tecnica e la visione politica. Chi non concilia queste visioni progettuali, si avventura per mari nebbiosi, rischiando di tornare in scialuppa di salvataggio, e con tutti insoddisfatti: il politico, il back-office, il fornitore e, quel che è peggio, i destinatari del servizio.

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